Disciplina dell’impresa sociale:analisi delle nuove disposizioni_1

Disciplina dell’impresa sociale:analisi delle nuove disposizioni_1
L’intervento normativo si inserisce nell’ambito della riforma del Terzo settore, con lo scopo di migliorare l’assetto complessivo della figura, anche sotto il profilo tributario
La legge 106/2016 ha delegato il Governo all’adozione di norme finalizzate alla riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile universale.
Il legislatore delegante, quindi, ha espressamente incluso tra gli ambiti di intervento oggetto della delega anche quello relativo al riordino e alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale.
A tal proposito, è stato adottato il Dlgs 112/2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 167 dello scorso 19 luglio ed entrato in vigore il giorno successivo (vedi “Riforma dell’impresa sociale: novità anche in ambito tributario”), che, quindi, si inserisce nel quadro della riforma complessiva del comportato non profit, unitamente:

Cenni alla disciplina previgente
L’impresa sociale ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico in virtù della legge delega 118/2005 e del successivo Dlgs 155/2006.
L’introduzione della figura è stata sollecitata dalla rilevanza che nel corso degli anni il Terzo settore ha assunto nel tessuto collettivo. Fin da subito, l’impresa sociale è stata intesa alla stregua di una qualificazione giuridica che può essere assunta da soggetti privati aventi qualsiasi forma giuridica, al ricorrere di determinate condizioni: in particolare, esercizio di attività in settori di utilità sociale e divieto di distribuzione di utili ai soci (peraltro, come meglio si preciserà in seguito, su ambedue i profili intervengono le nuove disposizioni).
La legge delega definiva le imprese sociali come “organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un’attività economica di produzione o di scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale”.
Il Dlgs 112/2017 ne ha riscritto completamente la disciplina, prevedendo l’abrogazione del precedente Dlgs 115/2006, di cui, tuttavia, conserva la struttura essenziale, pur se fortemente modificata nei contenuti.

I principi e i criteri direttivi della delega
La revisione della disciplina dell’impresa sociale è avvenuta nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, indicati dalla legge delega (articoli 6, 7, comma 1 e 9, comma 1, lettera f, legge 106/2016):

  • qualificazione dell’impresa sociale quale organizzazione privata che svolge attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività e, quindi, rientra nel complesso degli enti del Terzo settore
  • individuazione dei settori in cui può essere svolta l’attività d’impresa, nell’ambito delle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore
  • acquisizione di diritto della qualifica di impresa sociale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi
  • previsione di forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente e previsione del divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale possibilità è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualifica di impresa sociale
  • previsione per l’organizzazione che esercita l’impresa sociale dell’obbligo di redigere il bilancio (ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del codice civile, in quanto compatibili)
  • previsione di specifici obblighi di trasparenza e di limiti in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti
  • ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati, tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale, anche con riferimento ai principi di pari opportunità e non discriminazione, prevedendo una graduazione dei benefici finalizzata a favorire le categorie maggiormente svantaggiate
  • possibilità, nel rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico (Dlgs 39/2013), per le imprese private e per le amministrazioni pubbliche di assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali, salvo il divieto di assumerne la direzione, la presidenza e il controllo
  • coordinamento della disciplina dell’impresa sociale con il regime delle attività d’impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus)
  • previsione della nomina, in base a principi di terzietà, fin dall’atto costitutivo, di uno o più sindaci allo scopo di monitorare e vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto da parte dell’impresa sociale, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (Dlgs 231/2001), e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile
  • attribuzione delle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo pubblico sulle imprese sociali (e sugli enti del Terzo settore in genere) e sulle loro attività, finalizzate a garantire l’uniforme e corretta osservanza della disciplina legislativa, statutaria e regolamentare a esse applicabile, al ministero del Lavoro e delle politiche sociali
  • previsione, per le imprese sociali, della possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a quanto previsto per le start-up innovative e di misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale.

Dalla lettura dei principi e dei criteri direttivi della delega emerge con evidenza la volontà del legislatore di promuovere l’impresa sociale e di favorirne il rilancio; finora, infatti, essa è stata invero poco utilizzata e valorizzata “anche in ragione delle insufficienze e delle contraddizioni della vigente normativa”.
Come si legge nella relazione illustrativa di accompagnamento, con il decreto legislativo in esame, “ci si propone, in sintonia con la legge delega, di migliorare la disciplina dell’impresa sociale, colmando le sue lacune, relative soprattutto al regime fiscale (…), rimuovendo le principali barriere sostanziali al suo sviluppo (…) e introducendo misure sostanziali volte al suo rafforzamento, anche in chiave di sistema”.

Peraltro, nell’adottare le nuove disposizioni, si è tenuto conto anche degli orientamenti comunitari in materia di economia sociale, di cui la figura de qua rappresenta uno dei principali attori (cfr Com (2011) 682; risoluzione (2015) 0320 del Parlamento europeo del 10 settembre 2015; conclusioni del Consiglio Ue del 7 dicembre 2015; raccomandazioni di ottobre 2016 dell’Expert group on social entrepreneurship).

Il disegno riformatore, quindi, ha interessato tutti i profili della figura, sia quelli di carattere organizzativo sia quelli più propriamente giuridico/fiscali, allo scopo di favorirne una maggiore diffusione e un più penetrante radicamento nell’ambito delle articolazioni del non profit.

Da ultimo, è opportuno sottolineare che la riforma dell’impresa sociale è solo una parte della complessiva revisione del regime del Terzo settore e, pertanto, le nuove disposizioni devono essere lette insieme a quelle contenute nel relativo codice approvato con il Dlgs 117/2017.

1 – continua

Gennaro Napolitano

pubblicato Martedì 22 Agosto 2017
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